730/2019 precompilato, incompleto per l’87% dei lettori di Informazione Fiscale
730/2019 precompilato, i dati sono incompleti nell’87% dei casi: i lettori di Informazione Fiscale rispondono a un sondaggio sulla completezza della dichiarazione dei redditi generata dal sistema dell’Agenzia delle Entrate e disponibile dal 15 aprile 2019.
730/2019 precompilato, nell’87% dei casi mancano alcuni dati importanti o sono da integrare. È questo il risultato emerso dalle risposte dei lettori di Informazione Fiscale a un sondaggio sul grado di soddisfazione e di completezza delle informazioni contenute nella dichiarazione dei redditi, che il sistema dell’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile dal 15 aprile 2019 elaborando i dati in suo possesso.
Dal 2 maggio e fino alla scadenza del 23 luglio è possibile modificare o integrare il modello nel caso di dati errati o incompleti. Stando alle risposte ricevute, i contribuenti avranno parecchio da lavorare sulle informazioni della precompilata.
Solo una piccola parte di lettori si ritiene soddisfatta e alcuni dimostrano una sfiducia nei confronti dei processi informatizzati, che prescinde dal risultato specifico del 2019.
730/2019 precompilato, incompleto nell’87% dei casi per i lettori di Informazione Fiscale
Nella prima settimana di vita della dichiarazione dei redditi precompilata del 2019, all’indirizzo della redazione di Informazione Fiscale sono arrivate diverse segnalazioni di dati mancanti o incompleti. Da qui nasce l’idea di un confronto diretto.
Per un’analisi accurata della situazione, abbiamo invitato i lettori a indicare, tramite un sondaggio ad hoc, il livello di completezza del modello 730/2019 precompilato.
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Modello 730: chi sono i familiari a carico?
Familiari a carico nel modello 730/2019: ecco i limiti ed i requisiti per essere considerati fiscalmente a carico del dichiarante e per fruire delle detrazioni Irpef e delle deduzioni dal reddito.
Chi sono i familiari a carico da indicare nel modello 730/2019?
Non solo i figli, la moglie o il marito, ma anche altri familiarinel rispetto dei limiti e requisitigenerali, possono essere considerati a carico del dichiarante.
In sede di compilazione della dichiarazione dei redditi (modello 730 o Redditi 2019) una delle prime richieste è stabilire chi sono i familiari a carico da indicare in relazione al contribuente dichiarante.
In linea di principio, sono considerati a carico del contribuente i familiari che non superano il reddito annuo di 2.840,51 euro. È questo uno dei limiti previsti e che riguarda sia i figli che il coniuge e gli altri familiari.
Capire cosa si intende per familiari a carico è di particolare importanza proprio perché in sede di dichiarazione dei redditi è possibile beneficiare, per i soggetti definiti come fiscalmente a carico del dichiarante, di alcune detrazioni fiscali, non solo per i figli ma anche per la moglie, il marito e via di seguito.
Per la definizione di familiare a carico è di fondamentale importanza ricordare le novità in vigore dal 2019: la Legge di Bilancio 2018 ha portato a 4.000 euro il limite di reddito per essere considerati a carico per i figli maggiorenni di età non superiore ai 24 anni.
Le modifiche introdotte, tuttavia, saranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2019, e quindi troveranno applicazione in dichiarazione dei redditi 2020.
Si considerano familiari a carico del contribuente:
- coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
- figli indipendentemente dall’età e compresi figli adottivi, affidato o naturali riconosciuti;
- altri familiari.
Come si è avuto modo di specificare già in precedenza, requisito fondamentale per beneficiare delle detrazioni per i familiari a carico nel modello 730 e che questi non superino il reddito annuo di 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili.
Le modifiche introdotte, tuttavia, saranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2019, e quindi troveranno applicazione in dichiarazione dei redditi 2020.
Ad oggi quindi non cambiano le regole e le istruzioni per la compilazione del modello 730/2019 e del modello Redditi 2019.
Tra i familiari a carico e nello specifico a titolo di coniuge, a partire dal 2017 sono inclusi anche i partner dello stesso sesso uniti con il rito dell’unione civile: si tratta di uno degli effetti a livello fiscale introdotti con la Legge Cirinnà, che la stessa Agenzia delle Entrate ha specificato nelle istruzioni per la compilazione del modello 730.
Come si calcolano le detrazioni per i familiari a carico e, oltre a coniuge e figli, quali sono gli altri familiari che si considerano fiscalmente a carico del contribuente?
Di seguito l’elenco, i limiti di reddito annuo e come effettuare il calcolo delle detrazioni previste.
Chi sono i familiari a carico
Si considerano familiari a carico del contribuente:
- coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
- figli indipendentemente dall’età e compresi figli adottivi, affidato o naturali riconosciuti;
- altri familiari.
Come si è avuto modo di specificare già in precedenza, requisito fondamentale per beneficiare delle detrazioni per i familiari a carico nel modello 730 e che questi non superino il reddito annuo di 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili.
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Bonus Sud 2019, decreto ANPAL: incentivi solo per le assunzioni dal 1° maggio
Bonus Sud solo per le assunzioni effettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019: è il decreto ANPAL che sblocca l’incentivo ad annunciare la brutta sorpresa per i datori di lavoro. Nessuno sgravio per i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile.
Bonus Sud solo per le assunzionieffettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019.
Destinatari dell’incentivo per favorire l’occupazione sono i datori di lavoro privati che effettuano nuove assunzioni nel periodo compreso tra il 1° maggio 2019 al 31 dicembre 2019 di soggetti disoccupati con le seguenti caratteristiche:
- di età compresa tra i 16 anni e 34 anni di età;
- con 35 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ai sensi del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 17 ottobre 2017.
I lavoratori assunti non devono aver avuto un rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro nei sei mesi che precedono la nuova assunzione.
Bonus Sud solo per le assunzionieffettuate dal 1° maggio al 31 dicembre 2019.
La pubblicazione dell’atteso decreto ANPAL riserva una brutta sorpresa ai tanti datori di lavoro che hanno effettuato nuove assunzioni dal 1° gennaio al 30 aprile: non spetta, per questi contratti, l’incentivo per favorire l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia.
Il bonus disciplinato dal decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile 2019 è l’Incentivo Occupazione Sviluppo Sud, introdotto dalla Legge di Bilancio 2019 per l’anno in corso e per il 2020.
Lo sgravio contributivo fino ad 8.060 euro annui è riconosciuto in favore delle imprese che assumono con contratto a tempo indeterminato giovaniche non abbiano compiuto 35 anni d’età, ovvero soggetti disoccupati di almeno 35 anni privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.
Al decreto ANPAL dovrà seguire la circolare INPS con le regole operative per la fruizione del bonus. Per il momento, salvo ulteriori sviluppi, l’incentivo per favorire le nuove assunzioni nelle Regioni del Sud non si applica ai datori di lavoro che hanno stipulato nuovi contratti dal 1° gennaio alla fine di aprile.
Bonus Sud 2019, ecco il decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile
È l’articolo 2 del decreto ANPAL n. 178 del 19 aprile 2019 a stabilire i requisitiper l’accesso al bonus Sud.
Destinatari dell’incentivo per favorire l’occupazione sono i datori di lavoro privati che effettuano nuove assunzioni nel periodo compreso tra il 1° maggio 2019 al 31 dicembre 2019 di soggetti disoccupati con le seguenti caratteristiche:
- di età compresa tra i 16 anni e 34 anni di età;
- con 35 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ai sensi del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 17 ottobre 2017.
I lavoratori assunti non devono aver avuto un rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro nei sei mesi che precedono la nuova assunzione.
Bonus Sud, sgravio di 12 mesi e fino ad 8.060 euro
Bonus Sud solo per i contratti dal 1° maggio al 31 dicembre 2019
Per poter beneficiare del bonus Sud, i datori di lavoro dovranno stipulare nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti di cui sopra le seguenti tipologie di contratto:
- contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
- contratto di apprendistato professionalizzante.
L’incentivo spetta anche nel caso di contratto di lavoro part-time, così come in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un contratto a tempo determinato. Rientra nel perimetro dei rapporti incentivati anche l’assunzione del socio lavoro di cooperativa, mentre sono esplicitamente escluse le assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale ed intermittente.
Il decreto ANPAL tuttavia fissa un limite importante e soprattutto inatteso: l’incentivo parte dalle assunzioni effettuate dal 1° maggio in poi. L’esclusione dalla possibilità di beneficiare dello sgravio di tutti i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile 2019 ha lasciato a dir poco sorpresi imprese ed intermediari.
Oltre al danno di aver dovuto attendere mesi prima che l’incentivo fosse sbloccato, anche la beffa.
La ragione di una limitazione così penalizzante e che appare immotivata non si trova neppure nella norma citata tra i riferimenti normativi contenuti nel decreto direttoriale dell’ANPAL, ovvero l’articolo 1, comma 247 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (Legge di Bilancio 2019), che ha sostanzialmente prorogato il bonus Sud già introdotto dalla precedente Manovra, stanziando un importo pari a 500 milioni per 2019 e 2020.
Bonus Sud, sgravio di 12 mesi e fino ad 8.060 euro
Lo sgravio contributivo di 12 mesi spetta qualora la sede di lavoro per la quale viene effettuata l’assunzione sia ubicata nelle Regioni “meno sviluppate” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) o nelle Regioni “in transizione” (Abruzzo, Molise e Sardegna).
Non conta la residenza del lavoratore mentre, specifica il decreto ANPAL, nel caso di spostamento della sede di lavoro fuori da una delle Regioni di cui sopra, lo sgravio contributivo non spetta a partire dal mese di paga successivo a quello di trasferimento.
In merito all’importo dell’incentivo, lo sgravio riconosciuto ai datori di lavoroè pari alla contribuzione previdenziale a proprio carico, con esclusione di premi e contributi dovuti all’INAIL, per un periodo di 12 mesi a partire dalla data di assunzione, nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, per lavoratore assunto, riparametrato e applicato su base mensile.
In caso di lavoro a tempo parziale il massimale è proporzionalmente ridotto e l’incentivo deve essere fruito, a pena di decadenza, entro il termine del 28 febbraio 2021.
Bonus Sud solo per i contratti dal 1° maggio al 31 dicembre 2019
Per poter beneficiare del bonus Sud, i datori di lavoro dovranno stipulare nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti di cui sopra le seguenti tipologie di contratto:
- contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
- contratto di apprendistato professionalizzante.
L’incentivo spetta anche nel caso di contratto di lavoro part-time, così come in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un contratto a tempo determinato. Rientra nel perimetro dei rapporti incentivati anche l’assunzione del socio lavoro di cooperativa, mentre sono esplicitamente escluse le assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale ed intermittente.
Il decreto ANPAL tuttavia fissa un limite importante e soprattutto inatteso: l’incentivo parte dalle assunzioni effettuate dal 1° maggio in poi. L’esclusione dalla possibilità di beneficiare dello sgravio di tutti i contratti stipulati dal 1° gennaio al 30 aprile 2019 ha lasciato a dir poco sorpresi imprese ed intermediari.
Oltre al danno di aver dovuto attendere mesi prima che l’incentivo fosse sbloccato, anche la beffa.
La ragione di una limitazione così penalizzante e che appare immotivata non si trova neppure nella norma citata tra i riferimenti normativi contenuti nel decreto direttoriale dell’ANPAL, ovvero l’articolo 1, comma 247 della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (Legge di Bilancio 2019), che ha sostanzialmente prorogato il bonus Sud già introdotto dalla precedente Manovra, stanziando un importo pari a 500 milioni per 2019 e 2020.
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Collaboratore domestico: mansioni e retribuzione
Collaboratore domestico: ecco le mansioni e la retribuzione spettante in base al livello di inquadramento contrattuale di colf, badanti così come baby sitter ed altri lavoratori in ambito familiare.
Il collaboratore domestico può rivestire diverse qualifichericomprese in livelli differenti dalla “A” alla “D” a seconda delle mansioni da svolgere, tenendo presente che appartiene ai livelli “Super” il personale dedicato all’assistenza delle persone.
Il livello di inquadramento condiziona anche la retribuzionericonosciuta, in base alle tabelle aggiornate annualmente dal Ministero del Lavoro.
Partiamo quindi da quelli che sono i livelli che bisognerà considerare in sede di stipula del contratto.
- Collaboratore domestico Livello A
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari generici quali: colf generico sprovvisto di esperienza professionale o comunque con esperienza non superiore a 12 mesi da inquadrarsi nel livello B con la qualifica di collaboratore generico polifunzionale al compimento dei 12 mesi di anzianità, addetto alle pulizie della casa, addetto alla lavanderia, aiuto cucina, stalliere, assistente ad animali domestici, addetto alle aree verdi, operaio comune di fatica. - Collaboratore domestico Livello A Super
Appartengono a questo livello i lavoratori addetti alla compagnia e le baby sitter. - Collaboratore domestico Livello B
Appartengono a questo livello i seguenti profili: collaboratore generico polifunzionale, custode di abitazione privata, addetto alla stiratura, cameriere, giardiniere, autista, addetto al riassetto camere e prima colazione per ospiti del datore di lavoro, operaio qualificato. - Collaboratore domestico Livello B super
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari che, in possesso della necessaria esperienza, svolgono le mansioni di assistente a persone autosufficienti di anziani o bambini in grado di compiere le più importanti attività relative alla cura della propria persona ed alla vita di relazione. - Collaboratore domestico Livello C
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari che operano con totale autonomia come ad esempio il cuoco. - Collaboratore domestico Livello C Super
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari che operano con totale autonomia e responsabilità a fianco di un soggetto non autosufficiente quali: assistente a persone non autosufficienti (personale non formato). Si considera soggetto non autosufficiente colui che non è in grado di svolgere le primarie attività relative alla cura della propria persona. - Collaboratore domestico Livello D
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari che ricoprono specifiche posizioni di lavoro caratterizzate da responsabilità e autonomia decisionale quali: amministratore dei beni di famiglia, maggiordomo, governante, capo cuoco, capo giardiniere e istitutore. - Collaboratore domestico Livello D Super
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari che, con esperienza, affiancano persone non autosufficienti con il profilo di assistente a persone non autosufficienti (personale formato) e/o direttore di casa che coordina le esigenze connesse all’andamento della casa.
Collaboratore domestico: periodo di prova
In riferimento a tutti i livelli è possibile prevedere un periodo di prova durante il quale il rapporto di lavoro può essere risolto in qualsiasi momento da ambo le parti senza obbligo di preavviso. I termini sono così stabiliti:
- 30 giorni di lavoro effettivo, per i lavoratori inquadrati nei livelli D, D super;
- 8 giorni di lavoro effettivo per quelli inquadrati nei livelli da A a C.
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Regime forfettario e cause ostative: ok all’accesso nel 2019, esclusione dal 2020
Regime forfettario: accesso libero nel 2019, una pioggia di risposte agli interpelli pubblicate il 23 aprile dall’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulle cause ostative, che danno vita all’esclusione, ma solo dal 2020.
Regime forfettario: nel 2019l’accesso è libero, ma entro l’anno le cause ostative devono essere rimosse. Prevista l’esclusione dal 2020 per chi non provvede a mettersi in linea con i requisiti richiesti dalla nuova versione della tassazione agevolata, introdotta dalla Legge di Bilancio 2019.
Il regime forfettario, che prevede la possibilità di applicare un’imposta sostitutiva del 15%, ha subito una rivoluzione con la Legge di Bilancio 2019.
Tra le principali novità, il limite dei ricavi per l’accesso è passato dai 25.000, e fino ai 50.000 in base all’attività svolta, a 65.000 euro per tutti e la causa ostativa sul controllo delle società è diventata più rigida: se fino al 2018 il divieto di ingresso vigeva solo per chi deteneva quote in società di persone o Srl trasparenti, a partire dal 1° gennaio 2019 l’esclusione è diventata valida anche per le quote detenute in società con tassazione Ires che sono controllate direttamente o indirettamente da Srl.
Se nel primo caso il ventaglio si è allargato, nel secondo si è ristretto. Il nuovo assetto ha fatto discutere parecchio e ha generato anche una serie di dubbi interpretativi su accesso ed esclusione, che non sono ancora risolti del tutto.
Per questo l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una serie di chiarimenti sul tema analizzando caso per caso quando operano le cause ostative e stabilendo i tempi per mettersi in regola, entro la fine del 2019.
Le risposte agli interpelli del 23 aprile 2019, dalla numero 114 alla 127, riguardano casi particolari di specifiche categorie professionali.
Regime forfettario: nel 2019l’accesso è libero, ma entro l’anno le cause ostative devono essere rimosse. Prevista l’esclusione dal 2020 per chi non provvede a mettersi in linea con i requisiti richiesti dalla nuova versione della tassazione agevolata, introdotta dalla Legge di Bilancio 2019.
Nei primi giorni di vita del nuovo regime forfettario, l’Agenzia dell’Entrate aveva adottato una linea dura, stabilendo che l’accesso era possibile solo per chi aveva operato una cessione di quote societarie che avrebbero potuto precludere l’ingresso entro il 31 dicembre 2018. Un paradosso dal momento che la Manovra è stata approvata il 30 dicembre.
Dopo alcuni mesi l’Agenzia è tornata sui suoi passi con un atteggiamento di maggiore apertura: la circolare numero 9/E ha chiarito che nel 2019 l’accesso è libero.
Nella parte del documento che analizza il vincolo del controllo si legge che, anche se il contribuente è in una condizione che fa scattare la causa ostativa, “lo stesso potrà comunque applicare nell’anno 2019 il regime forfetario, ma dovrà rimuovere la causa ostativa entro la fine del 2019, a pena di fuoriuscita dal regime forfetario dal 2020”.
Con la pioggia di interpelli pubblicati il 23 aprile, l’Agenzia delle Entrate ha fornito nuovi chiarimenti e ha ribadito la posizione assunta con la circolare numero 9/E non solo sul controllo societario ma anche su altre condizioni che causano l’esclusione.
Il regime forfettario, che prevede la possibilità di applicare un’imposta sostitutiva del 15%, ha subito una rivoluzione con la Legge di Bilancio 2019.
Tra le principali novità, il limite dei ricavi per l’accesso è passato dai 25.000, e fino ai 50.000 in base all’attività svolta, a 65.000 euro per tutti e la causa ostativa sul controllo delle società è diventata più rigida: se fino al 2018 il divieto di ingresso vigeva solo per chi deteneva quote in società di persone o Srl trasparenti, a partire dal 1° gennaio 2019 l’esclusione è diventata valida anche per le quote detenute in società con tassazione Ires che sono controllate direttamente o indirettamente da Srl.
Se nel primo caso il ventaglio si è allargato, nel secondo si è ristretto. Il nuovo assetto ha fatto discutere parecchio e ha generato anche una serie di dubbi interpretativi su accesso ed esclusione, che non sono ancora risolti del tutto.
Per questo l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una serie di chiarimenti sul tema analizzando caso per caso quando operano le cause ostative e stabilendo i tempi per mettersi in regola, entro la fine del 2019.
Le risposte agli interpelli del 23 aprile 2019, dalla numero 114 alla 127, riguardano casi particolari di specifiche categorie professionali.
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Regime forfettario, escluso il commercialista con quote di controllo in SRL di revisione
Regime forfettario con esclusione per il commercialista che detiene quote di controllo in una SRL che si occupa di revisione e certificazione di bilanci. I chiarimenti nella risposta all’interpello n. 108 del 16 aprile 2019.
È escluso dal regime forfettario il commercialista che detiene una quota pari al 50% in una SRL che svolge attività di revisione e certificazione di bilanci.
In tal caso opera la causa di esclusione introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 perché, sebbene le due attività abbiano codici ATECO differenti, sono di fatto tra loro riconducibili ed appartengono alla medesima sezione.
A fornire chiarimenti è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 108 del 16 aprile 2019, a seguito del quesito posto da un dottore commercialista con ricavi inferiori a 65.000 euro ma che, contemporaneamente, è proprietario di una quota pari al 50%, del capitale sociale di una SRL che svolge attività di revisione e certificazione di bilanciiscritta all’apposito registro tenuto dal MEF.
La permanenza nel regime forfettario è garantita per il 2019, ma è necessaria la rimozione delle cause ostative per beneficiarne anche nel 2020.
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Scadenza Esterometro 2019 e istruzioni delle Entrate
Esterometro 2019, prima scadenza fissata al 30 aprile per l’invio relativo ai mesi di gennaio, febbraio e marzo. Ecco le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate.
Esterometro 2019, scadenza in arrivo per l’invio dei dati delle fatture estere dei mesi di gennaio, febbraio e marzo.
Entro il 30 aprile 2019 bisognerà inviare l’esterometro del primo trimestre che, per le fatture dal mese di aprile in poi, torna ad essere mensile (salvo novità).
Le istruzioni per l’esterometro sono ancora oggi poche, e gli scarsi chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate rendono l’invio della comunicazione dei dati delle operazioni transfrontaliere pieno di dubbi ed incertezze.
Tra queste vi è l’obbligo o meno di esterometro per i forfettari, dubbio sollevato dopo la pubblicazione della risposta all’interpello n. 85 del 27 marzo 2019 da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Prima di vedere tutte le istruzioni in vista della prima scadenza dell’esterometro 2019, ricordiamo che si tratta della comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute verso e da soggetti esteri non stabiliti nel territorio dello Stato.
Un nuovo spesometro con scadenza mensile e relativo a tutte le operazioni estere escluse dall’obbligo di fatturazione elettronica in vigore dal 1° gennaio 2019. Per i primi tre mesi dell’anno è stata prevista una proroga dell’invio al 30 aprile 2019; periodicità che torna a tutti gli effetti mensili con la prossima scadenza, fissata al 31 maggio.
In merito alle istruzioni dell’esterometro, l’unico riferimento disponibile ad oggi è il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018, all’interno del quale sono fornite alcune indicazioni in merito ai dati da inviarecon la trasmissione telematica delle fatture relative ad operazioni transfrontaliere.
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Contributi volontari per la pensione: quando e come versarli?
Chi resta senza lavoro a pochi anni dalla pensione può pensare di coprire gli ultimi anni contributivi con versamenti volontari: possibili costi, tempi e modalità
In assenza di un lavoro, il traguardo della pensione può allontanarsi nel tempo o essere addirittura compromesso. Tra le possibili opzioni, è comunque possibile valutare una ciambella di salvataggio che consente al lavoratore (dipendente o autonomo) di proseguire a proprie spese i versamenti per la pensione, tramite la cosiddetta “prosecuzione volontaria”.
Si tratta di una forma di polizza assicurativa che consente a chi per varie cause interrompe il versamento dei contributi, di non perdere quelli già versati e di raggiungere il diritto alla pensione. L’intento, insomma, è quello di permettere a chi ha smesso di lavorare di conseguire comunque una rendita pensionistica. Possono farne richiesta tutti gli iscritti Inps; in particolare, la volontaria interessa anche gli altri fondi di previdenza, compresi quelli dei dipendenti pubblici, che in passato ne erano esclusi.
La richiesta – Per poter proseguire l’assicurazione volontariamente occorre una specifica autorizzazione che deve essere espressamente richiesta all’Inps. L’autorizzazione viene concessa in presenza di un versamento pari ad almeno 3 anni di contributi obbligatori effettivi nel quinquennio precedente la domanda. Chi non ha almeno 3 anni nei 5 che precedono la richiesta di autorizzazione può comunque essere ammesso alla prosecuzione volontaria, a condizione che abbia maturato un minimo di 5 anni di contributi, versati in qualsiasi epoca.
La decorrenza dell’autorizzazione coincide con il primo sabato successivo a quello in cui è stata inoltrata la domanda; dal primo giorno del mese della domanda per gli artigiani e commercianti. La contribuzione volontaria non può riguardare periodi temporali pregressi, con la sola eccezione del semestre precedente la data di autorizzazione.
Il costo – L’importo da versare per i dipendenti viene stabilito in base alla retribuzione percepita nell’ultimo anno di lavoro che precede la domanda di autorizzazione. L’aliquota è la stessa prevista per la contribuzione obbligatoria. Questo significa che chi decide di versare i volontari dovrà pagare in pratica la stessa somma che avrebbe versato la propria impresa laddove avesse continuato a lavorare con uno stipendio pari alla media dell’ultimo anno.
Per avere un’idea della spesa da sostenere per i contributi volontari è infatti sufficiente fare la media delle retribuzioni (complessive, compresa cioè la tredicesima mensilità) dell’ultimo anno di lavoro e applicare l’aliquota in vigore (che per i dipendenti è pari al 33%), con la premessa che è comunque previsto il versamento di un contributo minimo, pari al risultato che si ottiene applicando l’aliquota obbligatoria (33%) al 40% del trattamento minimo di pensione Inps (202,97 euro, il 40% di 507,42 euro). Questo vuol dire che per l’anno 2018 il contributo minimo settimanale è di 67 euro. La spesa minima annuale è di conseguenza pari a 3.484 euro.
Allo stesso modo, l’importo dei contributi volontari per artigiani e commercianti è determinato dall’Inps in base alla media del reddito di impresa dichiarato ai fini Irpef negli ultimi 36 mesi di contribuzione (gli ultimi 3 anni). I contributi dovuti sono su base mensile e sono divisi in 8 diverse fasce di reddito. Come per gli ex dipendenti, anche in questo caso è previsto il versamento di un contributo minimo, pari al risultato che si ottiene applicando l’aliquota obbligatoria (24% gli artigiani e 24,09% i commercianti) al 40% del trattamento minimo di pensione Inps (202,97 euro, il 40% di 507,42 euro). Per il 2018 il contributo minimo mensile è ad esempio di 315 euro per gli artigiani e di 316 per i commercianti.
Per coltivatori diretti, mezzadri e coloni i contributi sono settimanali e l’importo da versare è invece determinato dall’Inps in base alla media settimanale dei redditi degli ultimi 3 anni, vale a dire delle ultime 156 settimane di lavoro. Non può essere inferiore a quello previsto per i lavoratori dipendenti.
Il valore – I contributi volontari sono parificati, a tutti gli effetti, a quelli obbligatori, versati in conseguenza del rapporto di lavoro. Tuttavia, va precisato che la volontaria s’intende regolarmente eseguita solo se l’importo dei contributi dovuti per ciascun trimestre viene interamente versato durante il trimestre solare successivo. Nell’ipotesi di una contribuzione volontaria versata in misura inferiore a quella dovuta, il periodo da accreditare viene contratto, ai fini sia della misura che del diritto alla pensione. In tal caso, si divide cioè la somma ridotta pagata per l’importo del contributo settimanale che il prosecutore volontario avrebbe dovuto versare e si considera coperto un numero di settimane pari al quoziente così ricavato.
I contributi volontari vanno dunque pagati per periodi trimestrali solari (entro la fine del trimestre successivo): il numero delle settimane è quello corrispondente ai sabati compresi nel periodo. Per coprire il primo trimestre (gennaio-marzo) occorre effettuare il versamento entro il successivo 30 giugno; il secondo trimestre (aprile-giugno) va versato entro il 30 settembre, e così via. Al pari della contribuzione obbligatoria, la spesa sostenuta per i versamenti volontari è deducibile dall’imponibile Irpef.

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Iva eCommerce, consultazione online sulla direttiva fino al 15 gennaio
Iva nell’eCommerce: è possibile partecipare alla consultazione online fino al 15 gennaio 2019. Indicazioni e opinioni sull’attuazione della direttiva 2017/2455.
Iva nell’eCommerce: dal 14 dicembre è possibile partecipare alla consultazione sul sito del Dipartimento delle Finanze fino al 15 gennaio 2019. Gli interessati possono dare indicazioni ed esprimere opinioni sulle proposte adottate dalla Commissione UE finalizzate all’attuazione della direttiva 2017/2455 sull’Iva nel commercio elettronico.
Associazioni economico-professionali, professionisti, centri di ricerca, università, ma anche privati cittadini sono invitati a dare il loro contributo sulla nuova disciplina che regola l’eCommerce utilizzando il form online disponibile sul sito del Dipartimento.
Direttiva sull’Iva nell’eCommerce: una consultazione sulle proposte dell’Unione Europea
Con la Direttiva sull’Iva nel commercio elettronico, nello specifico, si estende il campo di applicazione del Mini Sportello Unico, MOSS, a tutti i servizi e alle vendite a distanza intracomunitarie di beni e alle vendite a distanza di beni importati da territori o paesi terzi, trasformandolo in uno Sportello Unico.
Inoltre vengono introdotte disposizioni speciali applicabili ai soggetti passiviche facilitano determinate cessioni effettuate da altri soggetti passivi tramite l’uso di un’interfaccia elettronica.
L’11 dicembre 2018 la Commissione europea ha adottato due proposte per favorire l’implementazione delle modifiche della Direttiva Iva, che si applicheranno a decorrere dal 1° gennaio 2021:
- Proposta di Direttiva COM(2018) 819 che emenda la Direttiva IVA: prevede norme aggiuntive relative alle interfacce elettroniche che facilitano le cessioni di beni a persone che non sono soggetti passivi nell’UE da parte di soggetti passivi non stabiliti nell’UE e al regime speciale per la dichiarazione e il pagamento dell’Iva all’importazione alternativo all’OSS;
- Proposta di Regolamento di esecuzione COM (2018) 821 che emenda il Regolamento (UE) 282/2011: contiene le norme di attuazione della Direttiva per quanto riguarda le cessioni di beni o le prestazioni di servizi facilitate da interfacce elettroniche e i regimi speciali per i soggetti passivi che prestano servizi a persone che non sono soggetti passivi, effettuano vendite a distanza di beni e cessioni nazionali di beni.
Su questi due punti, cittadini e addetti ai lavori sono chiamati a intervenire.
Direttiva sull’Iva nell’eCommerce: come partecipare alla consultazione
Chiunque abbia considerazioni o commenti sulle proposte adottate dalla Commissione europea sulla Direttiva Iva può usare il form online, pubblicato sul sito del Dipartimento delle Finanze, e inviare il suo contributo entro il 15 gennaio 2019.
Gli utenti sono divisi in quattro categorie:
- associazione economico professionale;
- professionista;
- centro di Ricerca o Università;
- privato cittadino.
Dopo aver scelto la categoria di appartenenza, è necessario inserire anche nome, cognome e email all’interno del portale.
Una volta inseriti contatti e riferimenti anagrafici, il form richiede una breve sintesi dell’intervento di massimo 500 caratteri e permette agli utenti di caricare il file con la versione integrale dei suggerimenti sull’attuazione della Direttiva europea sull’Iva eCommerce.

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